Responsabilità e intelligenza artificiale

 








di Marco Orsi

...l’importanza della responsabilità come valore cardine per il movimento Senza Zaino, che è anche responsabilità - come insegna Hans Jonas - per la vita minacciata, espressione di una fragilità che coinvolge gli esseri umani e la vita della natura nel suo complesso. Sentirsi responsabili per la propria e la crescita dell’Altro, è dunque un compito da proporre costantemente e che si lega all’altro valore fondante di Senza Zaino, quello dell’ospitalità.  Ospitare prima di tutto nel nostro cuore l’Altro da noi, un’ Altro che può farsi ferita e ostacolo per la sua diversità, ma proprio per questo in grado di aprirci le porte di un percorso-curricolo  che introduce all’adultità.  Tutto ciò creando un contesto di una comunità che, per la sua conformazione, insegna, poiché lascia il segno di un vivere testimone di forme nuove di esistenza.  In tale prospettiva la dimensione artificiale dell’intelligenza è necessaria che sia contemperata sempre di più dai piedi per Terra e per terra, dove la T maiuscola ricorda il pianeta e la t minuscola il territorio prossimale dove concretamente viviamo:  dunque una porzione di terra che appartiene globalmente alla Terra.   Ciò per contrastare l’allontanamento dalla natura, lo sradicamento dal corpo e dal territorio (parola questa, ricordiamolo, che contiene a sua volta la parola terra), la perdita della mano che costruisce e del con-tatto,  ovvero il tatto dei rapporti come dimensione sensoriale e di accoglienza del volto che si fa amicizia reale.  Così la comunità della scuola  diventa mondo vitale, concreto e vissuto ambiente, dove vige lo scambio faccia a faccia e dove la didattica ritrova la mano, la terra, l’esperienza diretta con una generatività capace di costruire in modo solido, quelle competenze fondate su un saper essere.   

Per Gert Biesta, professore di pedagogia a Edimburgo, il punto è far crescere una responsabilità dove l’insegnamento crea “possibilità esistenziali attraverso le quali possiamo incontrare la loro libertà (degli alunni) e  (far) sentire la ‘chiamata’ a esistere nel mondo in modo adulto, in quanto soggetti” (p.14).   Dunque, nell’epoca dell’IA, la dimensione etica dei piedi per Terra e per terra, diventa cruciale nell’insegnamento, per assumere il contorni di un’educazione che invita a utilizzare quei poteri sempre più “potenti”, messi a disposizione dell’umanità dalla tecnologia.  Tutto questo ponendo  l’accento tanto sulle opportunità, quanto sui pericoli, in modo da sviluppare un progressivo impossessamento, che va di pari passo con la fatica e la durezza di costruire una nuova consapevolezza del proprio posto nel mondo.  Per riprendere le parole di  Kissinger,  Schmidt,  e Huttenlocher:  “Per tracciare una mappa del nostro futuro è necessario definire il ruolo umano nell’epoca dell’intelligenza artificiale”.

L'intero articolo è pubblicato nella rivista Senza Zaino di Erickson

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